Chiese gemelle, ma non troppo

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La grande bellezza della Città Eterna è sotto gli occhi di tutti.
Ma, se nella luminosità delle sue piazze, tra le grandi architetture di chiese e palazzi, prestassimo un po’ più di attenzione, potremmo ravvisare anche spettacolari illusioni ottiche, piuttosto che curiosi fenomeni acustici.

Tra le illusioni ottiche di Roma, nel rione Campo Marzio, c’è l’apparente perfetta equivalenza delle due chiese «gemelle» in Piazza del Popolo.

Il colpo di genio dell’architetto papale

Sono due le chiese barocche che coronano l’ingresso di Via del Corso e che si affacciano su Piazza del Popolo: Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, vengono da sempre indicate come chiese «gemelle» e in realtà tali appaiono.
Immediatamente riconoscibili appena si oltrepassa la Porta Flaminia – il più grandioso accesso al cuore della Roma antica – si stagliano come due vedette a presidio del vertice del famoso Tridente, costituito da Via di Ripetta, Via del Corso e Via del Babuino. Le tre strade furono tracciate nel XVII secolo per facilitare l’orientamento dei pellegrini che arrivavano a Roma dalla Via Flaminia e che agevolmente li avrebbero condotti a una delle tre principali basiliche, rispettivamente: San Pietro, San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore.

Nel ‘600, su ordine di Papa Alessandro VII, Carlo Rainaldi costruì due chiese «gemelle» fra gli assi del tridente – in modo da sottolinearne e valorizzarne la testata – e per superare un problema di simmetria si avvalse di un astuto espediente.

Chiese gemelle: uguali, ma diverse

Ideate da Carlo Rainaldi ed entrambe in seguito completate da Gian Lorenzo Bernini con la collaborazione di Carlo Fontana, le due chiese «gemelle» di Santa Maria di Montesanto (1662) e di Santa Maria dei Miracoli (1675), rappresentano un esempio di edifici funzionali all’assetto prospettico della piazza.

Per problemi di sproporzione dello spazio (di dimensione minore quello delimitato da Via del Babuino e Via del Corso, maggiore quello verso Via di Ripetta) hanno planimetrie differenti: la prima è a pianta ellittica, la sua ‘gemella’ a pianta circolare.
Le rigonfie cupole, concepite dal genio barocco di Gian Lorenzo Bernini, sembrano identiche ma a guardarle bene non lo sono: la prima presenta un tamburo dodecagonale, la seconda ottagonale.
I campanili che si innalzano su Via del Corso sono settecenteschi (attribuito a Francesco Navone il primo, a Girolamo Theodoli l’altro), sia pur speculari fra loro, anche in questo caso diversissimi l’uno dall’altro.

In realtà vere gemelle queste due chiese non lo sono mai state. Ciò nonostante, viste dalla vasta e scenografica Piazza del Popolo, grazie a un puro effetto ottico, appaiono identiche.

E così sia

La somiglianza è davvero impressionante, o per meglio dire lo era.
E già, perché l’apparente perfetta equivalenza delle due chiese «gemelle» – illustre referente delle illusioni ottiche in Piazza del Popolo – recentemente è stata offuscata da maldestri lavori di restauro, che hanno restituito le due cupole ‘gemelle’ diverse: una tendente al giallo, mentre l’altra al blu.

Dopo i lavori di risanamento conservativo della Chiesa di Santa Maria di Montesanto (maggio 2014) la cupola era tornata visibile con il suo color giallo ocra e tutto lasciava presagire che anche la cupola della chiesa ‘gemella’ alla sua destra, ovvero la Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, a restauri conclusi (ottobre 2017) avrebbe assunto la stessa cromia.
Non è stato così. Qualcosa non è andato nel verso giusto durante le operazioni di pulizia delle formelle di ardesia che nel ‘700 l’architetto Carlo Fontana pose sul tetto di entrambe le chiese «gemelle». Inaspettatamente, a lavori conclusi, le cupole evidenziavano un colore differente l’uno dall’altro: un caldo color crema per la Chiesa di Santa Maria di Montesanto, un color azzurro ardesia per la Chiesa di Santa Maria dei Miracoli.

Un pasticcio: la discromia fa discutere e i tecnici della Soprintendenza auspicano nel prossimo futuro un ulteriore intervento che restituisca alle chiese «gemelle» le cromie perdute.

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